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Sezione Scenografie

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La riedizione de “I Quattro Rusteghi” era stata programmata nella ricorrenza dei cent’anni dalla nascita di Ermanno Wolf-Ferrari, il musicista veneziano (1876-1948) che però da parte di padre e per formazione era tedesco. Prendendo quale fonte più felice di ispirazione, per le sue opere, il teatro goldoniano, egli aveva scoperto, scrisse Enrico Magni Dufflocq nella sua “Storia della Musica” del 1937, che “…la musicalità della fine del ’700 era siffatta da poter imprimere un suggello particolare alla sua tecnica moderna e raffinata”; dove, però, “il finto settecento’ non è affatto finto né affatto settecento, ma novecento schietto, sebbene riguardoso […] per il fine, il finito, il sereno”.
Gambino, dipingendo le facciate dei palazzi che negli anni di Goldoni avevano ospitato i personaggi del suo teatro, non poteva non essere ansioso di farne rivivere le atmosfere, e lo fece nell’unico modo che gli era naturale: con l’immersione totale. Con dedizione ed entusiasmo, senza presunzioni.

Ennio Pouchard


[… I Quattro Rusteghi] sono stati il mio primo debutto in lirica; li abbiamo fatti inizialmente a Padova e subito dopo a Treviso, in una coproduzione dei teatri di Treviso, Rovigo e Padova. Poi sono stati ripresi alla Fenice dì Venezia, mi pare nell’80, a Treviso nell’86, credo; e nel 1993, per il bicentenario della morte di Carlo Goldoni. In quell’occasione la critica tedesca, per la quale ‘I Rusteghi’ sono un’opera da repertorio come ‘La Bohème’, ha pubblicato un articolo dove si diceva che l’insieme di scenografia e regia era da manuale. Pino ed io avevamo lavorato per mesi insieme. Io gli recitavo a memoria le battute goldoniane e lui buttava giù bozzetti e colori. Gli dicevo “guarda che c’è una regola fissa, che la prima scena deve sparire in un minuto e venti, massimo un minuto e mezzo, e dietro ci deve essere, già montata, l’altana”; ed ecco che lui aveva subito l’intuizione stupenda dello straccio rosso appeso all’altana, come si vede nei bozzetti originali, e della punta di una casa che sbuca fuori. Facevamo insieme le luci; lui mi diceva “guarda quel blu che mi hai messo adesso: forse c’è bisogno di un tono più tenero, perché mi uccide il colore da quella parte. E io vedevo che aveva ragione. Alla fine eravamo tutti e due al settimo cielo.

Paolo Trevisi


Con gioia oggi la moglie Lidia ricorda il grande apprezzamento con cui venne accolto il suo lavoro, culminato con la telefonata del grande attore e regista Giorgio Albertazzi.

I QUATTRO RUSTEGHI (19/02/1980)

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