
Si apre domani alla Fondazione Bevilacqua La Masa un’antologica dedicata all’artista originario della Sicilia
UNA RETROSPETTIVA PER UN PITTORE CHE APPRODA A VENEZIA ENTRANDO IN CONTATTO CON L’ARTE LOCALE
di Ennio Pouchard
Il Gazzettino, Venerdì 26 gennaio 2018
LA MOSTRA
“Il giorno del mio arrivo ho camminato per ore con la valigetta in mano. Ero stregato: questa è la mia città, mi sono detto”: è un brano tratto dalle pagine di un quaderno-diario di Giuseppe Gambino, pittore nato nel 1928 a Vizzini (Catania) e vissuto nei posti dove suo padre, impiegato delle Belle Arti, veniva assegnato.
PITTORE LAGUNARE
Tra questi, Modena con la Galleria Estense su cui “imperava” quel Pietro Zampetti che si prodigò poi in suo favore con paterno affetto. Per il giovane – ancora sofferente per le atroci violenze subite dai tedeschi nel l’ultimo anno di guerra – la città lagunare divenne Il sito ideale per creare la propria pittura, a fianco di colleghi a lui vicini nelle convinzioni figurative (Gianquinto, Borsato, Barbaro, Paolucci, Licata, Magnolato); e lì ritrovò Zampetti in veste di direttore delle Belle Arti, che gli organizzò nel 1954 una personale alla Bevilacqua La Masa, consacrandolo “pittore veneziano”.
L’evento che oggi porta a ricordarlo è il suo ritorno (purtroppo solo nella memoria, perché lui non c’è più da ventun anni) nelle sale della Fondazione Bevilacqua La Masa, con un’ampia panoramica di dipinti realizzati dal 1955 al 1995, che s’inaugura domani 27 gennaio alle 18.
UNA VERA RISCOPERTSA
Custoditi con amore dalla moglie e dalla figlia Francesca si trovano nella casa-studio di Preganziol, dove la famiglia si era trasferita nel ’63, in una costruzione del Cinquecento in origine destinata a fienile, di cui “Pino” volle curare personalmente il restauro. Continuava tuttavia il suo andirivieni con la Spagna, avendo preso dimora a Cordova per godere “la gioia di vivere all’aperto, in gennaio, con venti gradi di temperatura”.
PAESAGGI DEL MONDO
Le tele, scelte dal curatore, Roberto Zamberlan, e portate nelle sale di Piazza San Marco, sono disposte in ordine cronologico nelle serie che le caratterizzano. “Figure” (all’aperto, in interni, sul lavoro, caratteristi pretini e suore, carabinieri, Madonne con Bambino), “Nature morte” e “Paesaggi”, romani, spagnoli e soprattutto veneziani: dapprima le isole lagunari e poi le chiese e le “palazzate”, che per gli urbanisti sono quelle file di edifici monumentali che qui costituiscono una caratteristica basilare.
ARTISTA DA CONOSCERE
Di tutto ciò tratta diffusamente, in mancanza di un catalogo specifico, il volume pubblicato nel 2006 per la mostra al Museo di Santa Caterina a Trcviso “Gambino e Venezia – Ritmo colore luce'” curati dallo scrivente. Sulla pittura, non si può che essere d’accordo con Zampetti nel porsi la domanda, “…chi c’è dietro Gambino?” e trovare una sola risposta: “Nessuno!”; costretti cosi a concludere che la sua originalità – per la secchezza del disegno, i fondali spessi con un impasto cromatico spalmato con spatole fatte apposta per lui, le smagriture dei goticismi e le pienezze del barocchismi – non può che essere fuori discussione.